La Corte di cassazione, con la sentenza n. 18027/2018, depositata il 9 luglio, disattende la circolare del 29 aprile 2011 del Ministero dell’Interno, che aveva stabilito che chi fa ricorso contro una multa non deve comunicare i dati del conducente prima della fine del giudizio.
L’evidente contrasto di orientamenti ha ingenerato incertezza sulla corretta condotta da tenere da parte dell’automobilista, disorientato anche dalla prassi della Polizia stradale di indicare (addirittura) nelle istruzioni allegate ai propri verbali, che, in caso di ricorso, il nome del conducente va indicato solo se tale opposizione viene respinta.
Ciò solo dovrebbe essere sufficiente a dimostrare la buona fede dell’interessato, in caso di contestazioni.
Ma vi è di più, nel caso del “semaforo di Nole”, visti i ricorsi presentati, il Giudice di pace di Ivrea ha sospeso l’efficacia delle multe impugnata. Ciò ha rafforzato nell’automobilista il legittimo convincimento di non essere tenuto alla comunicazione dei dati, ai sensi dell’art. 126 bis CdS, prima dell’intervenuta definitività dell’accertamento della violazione.
Per tale ragione, l’annullamento e/o la revoca in autotutela, guidato in via alternativa o subordinata dal buon senso e da correttezza, potrebbe certamente costituire una valida soluzione per alleggerire il contenzioso davanti al Giudice di Pace e ridurre i relativi costi di causa a carico dei no lesi.