Il caso di oggi ha ad oggetto il pignoramento di crediti di lavoro vantati dal debitore nei confronti del suo datore di lavoro. Trattasi, per lo più della retribuzione percepita mensilmente, ma non solo.
Ci si chiede, infatti, se il TFR – Trattamento di Fine Rapporto – possa o meno essere pignorato.
La questione non è di poco conto, perché potrebbe avere delle conseguenze importanti per chi cerca di recuperare un credito.
Succede infatti che si riescano a pignorare tutti i crediti vantati dal lavoratore dall’azienda presso la quale lavora. Ed in effetti, tutto “fila liscio”: mensilmente, una parte dello stipendio del lavoratore viene versato dal datore di lavoro direttamente al creditore pignorante che ratealmente riesce a recuperare il proprio credito.
Accade però che, in un dato momento, il debitore muore. Il datore di lavoro sospende così il versamento degli emolumenti al creditore, sostenendo che il diritto al TFR non fosse ancora maturato e che, pertanto, ogni relativa somma debba essere necessariamente riconosciuta al coniuge ed ai figli, nonché, agli altri soggetti indicati dall’art. 2122 c.c..
Al creditore, a questo punto, rimane che rassegnarsi alla possibilità di recuperare il proprio credito?
Diremmo proprio di no!
La giurisprudenza ha infatti chiarito che il TFR può essere pignorato, poiché costituisce un credito certo e liquido che il lavoratore matura in costanza del rapporto di lavoro e di cui la cessazione del relativo rapporto determina solamente l’esigibilità.
Salvo incorrere in un’ipotesi di reato e pagare una seconda volta agli aventi diritto, il terzo pignorato (ovvero il datore di lavoro) non può pertanto legittimamente sospendere i versamenti in favore del creditore.