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Come può uno scoglioArginare il mareAnche se non voglioTorno già a volare 🎶🎵🎶🎼

Così cantava Lucio Battisti e così scrivono oggi i Giudici d’oltre oceano: “La Corte non può, né dovrebbe, tentare di arginare la tecnologia”, spiegando che questa è “la nuova realtà” con cui i tribunali dovranno ormai sempre confrontarsi.

Succede in Canada.

Non è una legge, ma una mera interpretazione della volontà delle parti rispetto alla conclusione di un contratto commerciale che ben potrebbe prendere piede anche Italia.

Parliamo di emoticon o altrimenti conosciuti come emoji.

Quanti ne utilizziamo tutti i giorni per chattare, per divertirsi, per rendere meno noiosa la comunicazione? Diremmo un numero indefinito. Ma quanta attenzione prestiamo al significato che potrebbe essere attribuito a queste simpatiche faccine? Ve lo diciamo noi: nessuna!

Eppure, stando alla sentenza di una Corte Canadese, dovremmo rivedere il nostro modo di utilizzare gli emoji e soprattutto il tanto amato pollice in sù 👍

Eh già, perché un giudice in Canada ha stabilito che l’emoji del “pollice in su” è valida quanto una firma apposta su contratto, sostenendo che i tribunali devono adattarsi alla “nuova realtà” della comunicazione odierna.

Sulla scorta di tale affermazione, il Giudice ha quindi ordinato ad un agricoltore di pagare i danni per un contratto non rispettato.

E a nulla è servito sostenere che, con il pollice in sù, l’agricoltore non intendeva sottoscrivere alcun contratto, ma solo dare conferma dell’avvenuta ricezione del messaggio WhatsApp: per quello sarebbero infatti bastate le doppie spunte blu!!

 

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