Qual è il colmo per un avvocato penalista tecnologicamente avanzato? Essere arrestato dal processo penale!
È quello che è successo al legale di un imputato in un procedimento penale che ha lamentato la mancata considerazione, da parte
della Corte d’appello di Firenze, della propria richiesta di rinvio dell’udienza con cui era stata rappresentata l’esistenza di un concomitante impegno professionale, nonchè
l’impossibilità di nominare sostituti processuali. Tale richiesta era stata inviata
mediante P. E. C., ovvero mediante posta elettronica certificata,
regolarmente ricevuta dalla cancelleria della Corte d’appello di Firenze, come
risultava dal relativo rapporto di accettazione e consegna, ed era anche stata spedita
mediante il servizio postale, con allegate una memoria difensiva, una sentenza del
Tribunale di Siena e una perizia psichiatrica attestante l’incapacità di stare in giudizio
dell’imputato, ma nonostante ciò non era stata considerata dalla Corte territoriale.
La Cassazione, alla quale l’imputato si era rivolto, non gli ha però dato alcuna soddisfazione. Anzi, la Suprema Corte ha ribadito che, nel processo penale, non è consentito alle parti private inviare
mediante posta elettronica certificata atti di alcun genere.
Quindi, a differenza di quanto previsto per il
processo civile, nel processo penale, la trasmissione, per le parti private, degli atti a mezzo pec non è consentita, stante la preclusione alla adozione di forme di comunicazione non espressamente previste dalle disposizioni processuali.
Ci troviamo così davanti ad un processo (quello penale) dalla trasmissione di comunicazioni lente e costose ed un processo civile proiettato nel futuro.
A noi, personalmente, piace la tecnologia e l’innovazione per cui aspettiamo con ansia un legislatore sensibile al tema che introduca anche l’udienza in video conferenza!