altre materiediritto penale

La Corte di Cassazione ha recentemente stabilito che insultare e umiliare il proprio coniuge può costituire reato di maltrattamenti in famiglia, ai sensi dell’art. 572 del codice penale. In una sentenza del 21 aprile 2025, la Suprema Corte ha confermato la condanna di una moglie che, attraverso insulti e umiliazioni ripetute, ha imposto al marito un regime di vita mortificante e insostenibile.

Il reato di maltrattamenti in famiglia si configura quando vi è una condotta abituale e reiterata di sopraffazione, che può manifestarsi anche attraverso violenza morale, come ingiurie e offese sistematiche. Non è necessario che vi siano violenze fisiche; è sufficiente che le azioni siano idonee a causare sofferenze morali alla vittima.

La Corte ha sottolineato che, per la configurabilità del reato, è necessario che gli atti offensivi siano parte di una condotta abituale e sistematica, volta a imporre un regime di vita vessatorio e mortificante per la vittima.

Questa sentenza rappresenta un importante passo avanti nella tutela dell’integrità psico-fisica all’interno del nucleo familiare, riconoscendo che anche le violenze psicologiche possono avere effetti devastanti e meritano adeguata sanzione penale.

In conclusione, la giurisprudenza italiana conferma che il rispetto reciproco è fondamentale in ogni relazione coniugale e che le offese e le umiliazioni sistematiche non possono essere tollerate, configurando un vero e proprio reato di maltrattamenti in famiglia.

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