Ci sono riforme che lasciano il tempo che trovano e altre che, quando finalmente arrivano, ti fanno dire: era ora.
Chi mi conosce sa che sono sempre molto critica quando si tratta di introdurre nuove norme. Credo che in Italia esista una tendenza a regolamentare troppo, spesso male, e a complicare la vita delle persone senza un reale beneficio.
Ma questa volta è diverso. Questa volta una riforma serve davvero.
Viviamo in un mondo digitale, in cui smartphone, computer e dispositivi connessi non sono solo strumenti, ma veri e propri contenitori della nostra identità, della nostra vita privata, del nostro lavoro.
Eppure, il codice di procedura penale non ha mai realmente regolamentato il sequestro di dispositivi digitali. Il risultato? Un sistema privo di limiti, di tutele e di garanzie, dove il diritto di difendersi e quello alla privacy possono essere violati senza alcun criterio chiaro.
Il Disegno di Legge Zanettin è il primo tentativo serio di mettere ordine in questa materia. E per una volta, sono d’accordo sulla necessità di nuove regole.
IL PARADOSSO: IL SEQUESTRO PUÒ COLPIRE CHIUNQUE, ANCHE CHI DENUNCIA
Non serve essere colpevoli. Non serve nemmeno essere sospettati. Basta che il tuo telefono o il tuo computer contengano dati che la Procura considera utili alle indagini.
È quello che è successo a un reporter e a un rappresentante d’istituto che hanno avuto il coraggio di denunciare un professore accusato di molestie su alunni minorenni.
Hanno fornito informazioni, hanno collaborato con la giustizia. Eppure, la Procura ha sequestrato loro tutti i dispositivi digitali.
Risultato? Per oltre un mese, un tempo inaccettabile, si sono trovati senza telefono, senza computer, senza accesso ai loro dati personali e lavorativi.
Non erano criminali. Erano persone che avevano denunciato un crimine.
E il problema non è solo questo caso. Succede molto più spesso di quanto si immagini.
QUANDO IL SEQUESTRO È UN INCUBO: ALTRI CASI ASSURDI
Un padre separato usa il telefono per monitorare la posizione dei figli quando sono con l’altro genitore. Un giorno glielo sequestrano per un’indagine su un conoscente. Risultato? Non può più controllare dove siano i suoi figli.
Un imprenditore viene coinvolto in un’indagine che riguarda un suo dipendente. La Procura decide di acquisire le email aziendali. Gli sequestrano tutto il computer, paralizzando la sua attività.
Un medico conserva sul tablet le informazioni sanitarie di pazienti con patologie delicate. Ma un’indagine su un farmaco coinvolge il suo studio. Risultato? Si vede portare via il dispositivo con tutti i dati.
Una vittima di reato raccoglie prove per denunciare chi l’ha minacciata. Va in Procura, mostra il telefono con i messaggi e le registrazioni. Risultato? Le sequestrano tutto, lasciandola senza accesso ai suoi contatti, senza possibilità di comunicare con chi la sta aiutando.
E la cosa peggiore? Non esiste un termine massimo per la restituzione. I dispositivi restano sequestrati per mesi, a volte anni, anche quando basterebbero 2-3 giorni per copiare i dati utili all’indagine.
PERCHÉ QUESTA RIFORMA È NECESSARIA
Il disegno di legge Zanettin cerca di mettere fine a questa giungla con regole chiare e garanzie minime:
✅ STOP ai sequestri indiscriminati. Devono essere motivati e limitati ai dati effettivamente rilevanti.
✅ Un controllo del giudice su ogni sequestro. Oggi il PM può sequestrare senza alcuna verifica immediata.
✅ Tutela per chi non è indagato. Essere una vittima o un testimone non può significare vedersi privati della propria vita digitale senza regole.
✅ Limiti sui tempi del sequestro. La tecnologia permette di copiare i dati in poche ore: non è accettabile trattenere i dispositivi per mesi.
✅ Riservatezza delle comunicazioni con gli avvocati. Sequestrare un telefono non deve significare violare il diritto alla difesa.
UNA RIFORMA CHE CI RIGUARDA TUTTI
Questa non è una battaglia per chi ha qualcosa da nascondere. È una battaglia per la tutela dei diritti di tutti.
Oggi è toccato al reporter, al rappresentante d’istituto, al padre separato, all’imprenditore, al medico.
Domani potrebbe toccare a te.
Ecco perché questa riforma non è solo necessaria, ma fondamentale.
(Avv. Monica Commisso)