Quello della Suprema Corte è un ulteriore monito ai commercianti di prodotti destinati all’alimentazione, soprattutto sulla corretta conservazione prima della vendita.
Il caso è quello di un commerciante che aveva depositato delle confezioni di acqua nel piazzale antistante il locale di vendita, il tempo necessario per riporle nel magazzino.
In primo grado il commerciante era stato condannato alla pena di € 1.500,00 di ammenda per il reato di cui alla Legge n. 283 del 1962, ex art. 5, lett. b), per aver detenuto per la vendita, in cattivo stato di conservazione, più confezioni di acqua, esponendole alla luce del sole.
In merito, la Cassazione ha osservato che l’acqua è un prodotto alimentare vivo e, come tale, è soggetta a subire modificazioni se viene sottoposta ad un aumento di temperatura o ad esposizione continua ai raggi del sole. Il reato di detenzione per la vendita di sostanze alimentari in cattivo stato di conservazione è un reato di pericolo. Ciò significa che non è necessario, per configurarsi il reato, un danno alla salute o l’effettivo deterioramento dell’alimento. E’, infatti, sufficiente accertare che le concrete modalità della condotta siano idonee a determinare il pericolo di un danno o deterioramento dell’alimento.
Anche per l’accertamento dello stato di conservazione, non è necessario ricorrere a specifiche analisi di laboratorio, potendo ricorrere a dati obiettivi, come per esempio, il verbale ispettivo, la documentazione fotografica o la prova testimoniale.
La Cassazione ha pertanto confermato la decisione del Tribunale, evidenziando come l’esposizione, anche parziale, di prodotti destinati al consumo umano alle condizioni atmosferiche esterne, può costituire potenziale pericolo per la salute dei consumatori.