Scrivere su una piattaforma web dovrebbe essere considerata un’attività pericolosa per le conseguenze che ne potrebbero derivare.
Postare o scrivere un commento offensivo sulla bacheca di un amico o su un gruppo potrebbe infatti integrare il reato di diffamazione, non semplice, ma addirittura aggravato dal mezzo della stampa.
La giurisprudenza è infatti ormai costante nell’affermare che “l’uso dei social network, e quindi la diffusione di messaggi veicolati a mezzo internet, integra un’ipotesi di diffamazione aggravata, […] in quanto trattasi di condotta potenzialmente in grado di raggiungere un numero indeterminato o, comunque, quantitativamente apprezzabile di persone, qualunque sia la modalità informatica di condivisione e di trasmissione” (Cass. 50/2017; Cass. 8482/2017; Cass. 24431/2015; Cass. 41276/2015).
Qualcuno obietterà che ciascuno è libero di dire quello che pensa! Ma le cose non sono proprio così.
Vero è che, nel nostro ordinamento vige il principio della libertà di manifestazione del pensiero, ma tale libertà non è assoluta, incontrando nei limiti nella reputazione e nella dignità personale altrui.
Erroneamente si pensa che un post offensivo che allude ad una persona senza nominarla espressamente sia legittimo.
I giudici hanno invece chiarito che, anche quando non è indicata per nome e cognome la persona offesa ma è facilmente individuabile il reato è comunque integrato.
Ancora.
La condotta offensiva, oltre a costituire reato, può dar luogo ad un’azione per richiedere ed ottenere il risarcimento del danno patito.
Cosa fare se vi sentite vittime di diffamazione on line?
La legge Vi consente di sporgere querela entro 3 mesi dal fatto.
Se poi si volessero fare le cose proprio per bene, sarebbe opportuno indicare il post offensivo con l’autore dello stesso, stampanddo la pagina contenente le offese e farla autenticare da un notaio, nonchè, accertare l’indirizzo IP, utile per identificare l’autore del fatto.
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