Si dice che utilizziamo solo una piccolissima parte del nostro cervello.
Accrescere le potenzialità del cervello, e quindi le capacità dell’essere umano, è il sogno di molti di noi.
Sono in atto diverse iniziative e progetti portati avanti da ricercatori con l’obiettivo di realizzare la c.d. interfaccia cervello-computer.
Le finalità sono per lo più lodevoli: per esempio, aiutare persone affette da problematiche a livello cerebrale o con disabilità, dando loro la possibilità di muovere arti paralizzati o compiere azioni diversamente impossibili da compiere. Molte altre potrebbero essere le applicazioni pratiche, come “rimuovere” le memorie dolorose.
Le interfacce cervello-computer si basano sull’analisi e la manipolazione delle onde cerebrali, accedendo anche all’intero spettro.
Il rischio è che, riuscendo ad accedere all’hardware dell’impianto, si riesca a manipolare, a proprio piacimento, corpi e pensieri, oppure preziose informazioni sulla nostra persona.
Nelle migliori delle ipotesi, le informazioni che ci riguardano, direttamente dalla nostra mente, possono essere carpite per pubblicarle o per sfruttarle a fini commerciali o per modificare i nostri pensieri.
Da qui la necessità di nuovi strumenti giuridici che siano in grado di tutelarci adeguatamente.
Si parla così di nuovi diritti umani volti a proteggere la nostra mente e non più solo la nostra riservatezza.
Esiste un intero settore di ricerca, il neuromarketing che intende utilizzare i processi cerebrali per influenzare i comportamenti dei consumatori o analizzarne le preferenze.
Per contrastare i fini malevoli della neurotecnologia sono stati proposti 4 nuovi diritti.
- Diritto alla privacy mentale. Trattasi di una sorta di estensione del diritto alla riservatezza. Dati ed informazioni digitali possono essere sfruttate dalle grandi aziende tecnologiche mediante metodi di tracciamento e raccolta dati abbastanza discutibili. Riconoscimento facciale, videosorveglianza, spyware, etc. … La neurotecnologia favorisce l’accesso ed il controllo dell’attività cerebrale. Con il diritto alla privacy mentale si cercherà pertanto di tutelare di dati del cervello. Tanti sono però le questioni da affrontare e risolvere. In quali condizioni le informazioni del cervello potranno essere raccolte e utilizzate? Quali informazioni del cervello potranno essere legittimamente diffuse? Chi (datori di lavoro, compagnie assicurative, agenzia delle entrate, …) e con quali limiti si potrà accedere ai dati del cervello? Nel caso di un processo, sarà legale entrare nella mente dell’imputato?
- Diritto all’integrità mentale. L’intrusione forzata e l’alterazione dei processi neurali costituiscono una minaccia per l’integrità mentale che deve essere opportunamente e legislativamente tutelata. Il rischio più elevato è ricollegabile alle alterazioni della memoria. Come già accennato, si stanno sviluppando tecniche per amplificare o cancellare selettivamente i ricordi. Tale tecniche potrebbero migliorare il trattamento di malattie come l’Alzheimer. Un loro abuso, tuttavia, potrebbe portare, ad esempio, un criminale a cancellare selettivamente la memoria della sua vittima per evitare di essere identificato.
- Diritto all’integrità psicologica. E’ l’aspetto più neurologico del diritto all’identità. Le alterazioni delle funzioni cerebrali possono causare alterazioni involontarie in stati mentali non ottimali, influenzandone l’identità personale con cambiamento del comportamento, come l’aumento dell’impulsività, dell’aggressività e del comportamento sessuale. Il diritto alla continuità psicologica mira a preservare l’identità personale e la coerenza del comportamento del soggetto dalla modifica non autorizzata da parte di terzi.
- Diritto alla libertà cognitiva. Può essere definito come diritto all’autodeterminazione mentale, garantendo il diritto di decidere se alterare o meno il proprio stato mentale. E’ un diritto molto simile alla libertà di pensiero. La libertà cognitiva è il substrato necessario per qualsiasi altra libertà; consiste nel controllo della propria coscienza e dei processi di pensiero.
Come è facilmente intuibile, il dibattito, etico e sociale, è aperto e coinvolge giuristi, informatici e l’opinione pubblica.
Voi cosa ne pensate?