La Cassazione penale n. 2496 del 21 gennaio 2021 ci spiega quando è integrato il reato di stalking.
Il caso che viene affrontato è quello di un soggetto che inoltra ripetuti messaggi minatori nell’arco di una notte.
E’ questo un lasso temporale sufficiente per poter ritenere commesso il reato di atti persecutori? Oppure è necessario un arco temporale molto più lungo come può essere qualche mese o un anno?
Per la Suprema Corte, perché si integri il reato di stalking è sufficiente che i ripetuti messaggi abbiano provocato nei confronti della vittima uno stato di paura tale da impedirgli di attendere alle normali occupazioni, come per esempio quello di uscire di casa, se non per urgenze, avendo inciso in maniera rilevante sulle abitudini di vita della vittima, perché intimorita dalla possibilità che lo stalker possa passare dalle parole ai fatti.
Dunque, in questi casi ci sono tutti gli elementi perché l’autore degli atti persecutori possa essere condannato, come in effetti è stato condannato l’imputato con questa sentenza, per il reato di stalking.
In sintesi: è necessaria la reiterazione della condotta anche se in un limitato arco temporale come può essere quello di tre notti o di una notte o una giornata sola e che questa condotta abbia ingenerato uno stato di paura e di ansia tale da modificare in maniera rilevante le abitudini di vita della vittima. Ricorrendo tutti questi elementi il reato di stalking sussiste certamente.
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