E mentre figli e nipoti cercano invano di contattare telefonicamente le strutture presso cui sono ospiti per avere notizie, i loro anziani muoiono.
Sì, perché per quanto ben funzionanti, le Rsa non sono né strutturalmente né finalisticamente funzionali a gestire l’emergenza Covid-19.
Le strutture sono così divenute bombe di contagi che rischierebbero di moltiplicarsi in maniera esponenziale proprio nei confronti di quei soggetti particolarmente contagiabili per età e per essere spesso portatori di pluripatologie.
Le misure poste in essere fino ad ora non possono infatti essere considerate sufficienti per garantire l’incolumità degli anziani.
Così, anche il Piemonte conta i suoi morti nelle Rsa della Regione, a centinaia.
Ad aggravare la situazione, già pesantemente compromessa anche per l’incapacità di distanziare i pazienti, è la circostanza che gli operatori sociosanitari sarebbero per lo più in isolamento o a casa in malattia, qualcuno in ospedale.
Purtroppo, i dati sono sottostimati a causa delle difficoltà legate ai tamponi.
Così, in tutte le procure si sono aperti fascicoli, inizialmente c. d. modelli 45, ovvero senza ipotesi di reato né indagati.
Tuttavia, il reato ipotizzato potrebbe essere quello di omicidio colposo, per non essere stato fatto tutto il possibile per evitare il contagio.
Pare infatti che (ma le circostanze sono tutte da verificare) che i pazienti non fossero stati muniti di adeguata mascherina e non siano stati opportunamente distanziati tra loro. Inoltre, la carenza del personale, ha inciso oltremodo favorendo la diffusione del contagio.
Occorre, dunque, verificare se vi siano gli estremi perché alle strutture sanitarie in discorso siano contestabili profili di responsabilità per i danni cagionati dal contagio.
Se così venisse effettivamente accertato, allora potrebbe valutarsi la possibilità, per i congiunti dei defunti, di ottenere il dovuto risarcimento del danno, sia in sede civile che in sede penale.
Il tutto, ovviamente, previo approfondito studio del caso concreto.